Ipnosi Regressiva (ipotetiche altre vite)

Tra le varie modalità possibili di vivere l’ipnosi, quella denominata regressiva è probabilmente la più discussa.

Dell’argomento si sono occupati romanzieri, sensitivi, terapeuti, offrendo visioni ed applicazioni diverse, suscitando curiosità ma anche alte aspettative.

La rivivificazione di un’ipotetica vita precedente fu una delle mie prime esperienze d’ipnosi vissuta e mi scosse talmente tanto che la settimana dopo mi trovavo su di un aereo diretto ad Edimburgo, poiché lì avevo vissuto quella mia storia.

Se è lecito domandarsi da dove arrivino certe intuizioni o perché emergano determinati ricordi anziché altri all’interno di un generico stato di trance, gli interrogativi con i quali si cerca di dare un senso all’esperienza di un’ipotetica altra vita spaziano senza confini tra teorie e religioni. 

Se anche ne avessi individuata una, in grado di soddisfare il bisogno di verità, rimarrebbe pur sempre da risolvere il quesito che riguarda la procedura tramite la quale le nostre emozioni organizzano storie.

Affinché l’ipnosi regressiva possa esprimere il massimo delle sue possibilità, è necessaria una conduzione esterna.

Suggestioni agli spostamenti in epoche storicamente passate o generiche indicazioni che non siano specificatamente rivolte a chi desideri vivere l’esperienza, potrebbero fare emergere situazioni potenzialmente interessanti ma prive di quell’esplorazione che consentirebbe di comprendere chi sia quella persona, perché si trovi in quel luogo, quali siano le sue reti relazionali, i progetti, i talenti, i valori, gli stati d’animo.

La guida agevola lo sviluppo della narrazione, si lascia coinvolgere ed immergere in ciò che ascolta e guarda per essere essa stessa esploratrice, suggeritrice di domande che allarghino la prospettiva, si insinuino tra le pieghe dei sentimenti, facciano comprendere quali siano state le realizzazioni più importanti ed in nome di quali valori quella vita sia stata vissuta.

In questo modo sarà possibile ricavarne un ricordo indelebile poiché interconnesso ad immagini e sensazioni che da quel momento apparterranno alla conoscenza consapevole di quell’individuo.

Gli stimoli a vivere un’esperienza di questo tipo sono davvero svariati e prevale su tutti il bisogno di ottenere spiegazioni: l’origine di un dolore fisico che non trova causa, l’innata propensione a specifiche argomentazioni, passioni inconsuete rispetto all’ambiente familiare, comportamenti disfunzionali recidivi ma anche (e soprattutto) la scoperta di chi siamo attraverso ciò che potremmo essere stati.

Reincarnazione? Qualcuno la ritiene un’ipotesi.

A me piace pensare che l’attivazione mentale dovuta allo stato di trance risponda alla richiesta di costruire e vivere una storia e che, libera dai vincoli di realtà, lo faccia utilizzando tutta la conoscenza che ognuno di noi ha a disposizione, incluse le informazioni che ci appartengono come patrimonio genetico e delle quali, fino a quel momento, potremmo non essere stati consapevoli.

L’ipotesi di apprestarsi a rivivere un’esperienza già accaduta in passato, ci spinge col pensiero indietro nel tempo, dove è possibile costruire contesti veritieri e, a volte, storicamente verificabili, ma si potrebbe creare anche uno scenario di tipo futuribile, accompagnando la mente in avanti, oltre questa vita, e lasciando libera espressione alle profezie personali.

Qualunque sia l’ambientazione temporale scelta, sarà lo stimolo a percorrere un’altra esistenza, attraverso sembianze diverse, verso un nuovo senso di sé.

IPNOSI PROGRESSIVA

QUANTO POSSIAMO FIDARCI DEI NOSTRI RICORDI